Recensione di “Zero K” – Don DeLillo:
L’11 ottobre 2016 è uscito in Italia Zero K, l’ultimo romanzo scritto da Don DeLillo e pubblicato da Einaudi all’interno della collana Supercoralli.
DeLillo è considerato uno dei più grandi autori americani contemporanei ed il suo libro è già un successo negli USA, dove è stato definito come «il più saggio, il più ricco, il più divertente e il più commovente» di DeLillo «un inno all’umanità e insieme una meditazione sulla morte e un abbraccio alla vita». Alcuni critici affermano sia addirittura meglio del suo più grande sucesso, Underworld del 1997.
Il titolo sta ad indicare il grado più basso possibile della temperatura, lo zero assoluto della scala Kelvin (corrisponde a -273 gradi Celsius) ed introduce il lettore all’argomento del romanzo, la criogenesi, ovvero il procedimento di ibernazione del corpo al momento della morte nell’attesa che gli sviluppi della scienza gli consentano un giorno di poter rivivere. La nuova ossessione dei ricchi: l’immortalità.
La voce narrante è quella di Jeffrey Lockhart. Suo padre Ross, è un milionario sposato con Artis Martineau, una donna più giovane, un’archeologa, che è malata e in fin di vita a causa di una sclerosi multipla. Ross Lockhart è inoltre il principale finanziatore di una clinica segreta, chiamata Convergence, dove si pratica proprio la criogenesi. All’inizio del romanzo Jeffrey raggiunge Ross e Artis nella clinica, che si trova in un luogo sperduto vicino al Kazakistan, per salutare la matrigna prima che muoia. Proprio in questo momento si ha un confronto diretto tra padre e figlio sul diverso modo in cui essi concepiscono la morte. Jeffrey sente che bisogna accettarla e dedicarsi alla vita, impegnandosi a sperimentare «tutto ciò che può stupirci nel tempo che trascorriamo qui sulla terra». Ross è del parere contrario, vuole sconfiggerla e spingersi in un’altra dimensione ed esclama «Siamo nati senza sceglierlo. Dovremmo morire nello stesso modo? La gloria dell’uomo non è rifiutarsi di accettare un destino sicuro?».
Jeffrey Lockhart esprime nel libro il punto di vista di DeLillo sul tema della morte e della fede in un’altra vita: un’opinione scettica, pessimista e cupa. Il romanzo trasmette l’idea che la scienza sia fonte di illusioni quanto la religione. Del resto cliniche simili a Convergence esistono davvero e molti sono i ricchi o i personaggi famosi che ne sono convinti sostenitori.
Il romanzo è diviso in due parti: dopo la prima ambientata in una ex repubblica sovietica, la seconda ha come base New York. Tra loro sono unite da «un breve capitolo-cerniera» nel quale DeLillo si avventura coraggiosamente su un terreno impossibile, in cui racconta lo stato liminale, la sospensione tra la vita e la morte.
Persivale, che scrive per il Corriere della Sera, decrive il testo come un «monologo oltre la vita che va anche oltre la grammatica, oltre la prima e la terza persona, dove tutto è una domanda senza punti interrogativi. E dove l’ultima frase è la nota di un drammaturgo invisibile, in corsivo: “Ancora e ancora. Occhi chiusi. Corpo di donna in una capsula”».
Le riflessioni di Don DeLillo fluttuano tra realtà e fantascienza, vita e morte grazie anche ad un linguaggio sempre originale.